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7.3.1 Il fenomeno degli sprechi alimentari

Negli ultimi vent’anni il problema degli sprechi e delle perdite alimentari è diventato sempre più grave. Gli impatti provocati dall’esubero di cibo invenduto, perso o sprecato, non sono solo economici, ma anche e, soprattutto, ambientali[1]

Grafico 7.10 Dati spreco alimentare globale (%). Fonte: Elaborazione CURSA su database FAO (2013)

A livello mondiale, si sprecano 2,9 miliardi di tonnellate di cibo l’anno, la maggior parte proveniente da Stati Uniti, Australia, Europa e Asia Orientale. Il cibo perso o sprecato -ogni anno- corrisponde a più della metà della produzione annuale di cereali nel mondo (2,3 miliardi di tonnellate nel 2009/2010). I rifiuti pro-capite dei consumatori sono compresi tra i 95 e i 115 kg all'anno solo in Europa e Nord America, mentre i consumatori dell'Africa Subsahariana e del Sud Est Asiatico, ogni anno, buttano via tra i 6 e gli 11 kg di cibo (FAO, 2013[2]). I prodotti che presentano il più alto tasso di spreco sono: frutta e verdura, radici e tuberi.

Dai dati FAO (2013), emerge come nei Paesi in Via di Sviluppo, la perdita di alimenti si verifichi principalmente durante le prime fasi della catena alimentare: nella produzione (il 39% di perdite solo nell’Africa Subsahariana), nella trasformazione e nella fase di stoccaggio (il 37% solo nel Sud Est Asiatico). Questo accade a causa della mancanza di risorse finanziarie, tecniche e manageriali.

Nei Paesi economicamente sviluppati, invece, la perdita di cibo si verifica generalmente nelle fasi finali della catena di approvvigionamento agroalimentare e, quindi, nella fase del consumo, dove raggiunge una quota del 61% in Nord America e in Oceania. Secondo la Commissione Europea, in Europa, il 42% di tutto il cibo prodotto viene sprecato durante la fase del consumo finale; vengono gettati nella spazzatura, mediamente, 180 kg di alimenti pro-capite.

Allo spreco alimentare si associa un costo sia economico sia ambientale. Gli impatti economici dello spreco alimentare sono calcolati sulla base dei costi sostenuti per le produzioni alimentari: si fa riferimento al cibo “perduto” come ai costi che si sono sostenuti per produrlo.  Le perdite e gli sprechi alimentari ammontano a circa 680 miliardi di dollari nei paesi industrializzati e 310 miliardi di dollari nei Paesi in Via di Sviluppo (Principato, 2018[3]).
Oltre agli impatti economici, gli sprechi alimentari presentano un costo ambientale. Le perdite alimentari causano ogni anno l’emissione di 1,5 giga tonnellate di CO2eq (FAO, 2013).

Lo spreco alimentare ha assunto proporzioni tali da imporre un impegno a livello globale al fine di contrastarlo. L’Organizzazione delle Nazioni Unite, con la redazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, infatti, si impegna a ridurre lo spreco alimentare pro-capite che si registra sia nelle diverse fasi di produzione e trasformazione, sia a livello di distribuzione e consumo, entro il 2030

 

[1] Nel parlare di questo fenomeno è utile fare delle distinzioni: per spreco alimentare, si intendono gli avanzi di cibo a livello domestico, che vengono gettati, ma ancora perfettamente commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano. Le perdite alimentari sono quel cibo “perso” in fase di produzione, semina, coltivazione, raccolta, trattamento, conservazione, stoccaggio e prima trasformazione agricola. Le perdite sono dovute a fattori climatici, tecnici e ambientali. 
[2] Food and Agriculture Organizations, (2013) Food Wastage Footprint. Impact on Natural Resources
[3] Principato L., (2018) Food Waste at Consumer Level. A Comprehensive Literature Review, Springer Briefs in Environmental Science.
 
 
Figura 7.12 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Fonte: SDGs