8.4.2. Public Procurement nelle scuole: ristorazione scolastica e orti scolastici
In Italia, si stima che la ristorazione scolastica serva ogni giorno 2.700.000 pasti e che ogni studente, nel ciclo della scuola dell'obbligo, consumi in media 2.000 pasti.
Le mense scolastiche sono nate come servizio assistenziale per il sostegno a situazioni diffuse di difficoltà economica e insicurezza alimentare; e negli anni Settanta del secolo scorso, con il trasferimento delle competenze sociali ai Comuni, abbandonano la natura assistenziale e diventano un servizio pubblico, in quanto componente fondamentale del diritto allo studio. Nonostante ciò, dal rapporto di Save the Children (2017)[1], emerge che il 48% degli studenti di scuole primarie e secondarie non hanno accesso alla mensa, poiché le famiglie non riescono a coprire la rata.
Considerando che il settore della mensa scolastica rappresenta il 30% del mercato della ristorazione collettiva, esso può certamente essere inquadrato come un anello importante del nostro sistema agroalimentare.
La mensa scolastica, oltre a garantire agli alunni una situazione di sostanziale equilibrio nutrizionale, si qualifica anche come parte integrante dell'attività educativa, in quanto informa sull'importanza di una dieta equilibrata e l'adozione di corrette abitudini alimentari.
La ristorazione scolastica italiana si basa sull'applicazione di Linee guida e Direttive Regionali che fanno riferimento alle “Linee Guida nazionali per la ristorazione scolastica” del Ministero della Salute (2010), in cui vengono definiti i ruoli di tutti i protagonisti del servizio: Comune, Responsabile del servizio di ristorazione, Servizio di Igiene Alimentare e Nutrizionale (SIAN) e Istituzioni scolastiche.
Le “Linee Guida nazionali per la ristorazione scolastica” del Ministero della Salute (2010)[2] nascono dalla necessità di facilitare, fin dall'infanzia, l'adozione di corrette abitudini alimentari per la promozione della salute e la prevenzione delle malattie cronico-degenerative (diabete, malattie cardiovascolari, obesità, osteoporosi, ecc.) di cui un'alimentazione scorretta è uno dei principali fattori di rischio. Stabiliscono regole obbligatorie che tutte le autorità locali e le scuole devono rispettare per i pasti scolastici che forniscono. I comuni italiani possono interpretare queste linee guida e sono relativamente liberi di creare propri regolamenti e standard, in conformità con le indicazioni dei livelli di assunzione giornaliera raccomandata di nutrienti per la popolazione italiana (LARN).
Apporti raccomandati |
Scuola dell’infanzia |
Scuola Primaria |
Scuola Secondaria di primo grado |
Energia (Kcal) relativa al 35% dell’energia giornaliera |
440-640 |
520-810 |
700-830 |
Proteine (g) corrispondenti al 10-15% dell’energia del pasto |
11-24 |
13-30 |
18-31 |
Rapporto tra proteine animali e vegetali |
0,66 |
||
Grassi (g) corrispondenti al 30% dell’energia del pasto |
15-21 |
18-27 |
23-28 |
Di cui saturi |
5-7 |
6-9 |
8-9 |
Carboidrati (g) corrispondenti al 55-60% dell’energia del pasto |
60-95 |
75-120 |
95-125 |
Di cui zuccheri semplici |
11-24 |
13-30 |
18-31 |
Ferro (mg) |
5 |
6 |
9 |
Calcio (mg) |
280 |
350 |
420 |
Fibra (g) |
5 |
6 |
7,5 |
Da diversi anni si è assistito a una graduale conversione da prodotti agricoli convenzionali, a prodotti da filiera controllata, come quelli biologici, per i quali vieni data la garanzia di sicurezza, l'assenza di pesticidi, conservanti, coloranti o sostanze lucidanti, nonché la denominazione dei prodotti di origine, o semplicemente prodotti stagionali del territorio.
La prima esperienza di ristorazione scolastica italiana incentrata sui prodotti biologici risale al 1986 nel comune di Cesena. Da allora, grazie anche alle leggi di sostegno finanziario e ai relativi provvedimenti ministeriali, molte altre Pubbliche amministrazioni si sono impegnate nella promozione della Dieta Mediterranea con la modifica delle pratiche di approvvigionamento e l'introduzione di prodotti biologici e locali. Particolarmente importante è stato il Fondo per le mense scolastiche biologiche istituito con il decreto-legge n. 50 del 2017, che aveva previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro fino al 2019 e che è stato poi rifinanziato per l'anno 2020 con 5 milioni di euro. L’obiettivo del Fondo è ridurre il costo per le famiglie che utilizzano una mensa biologica ma soprattutto promuovere un maggior consumo di prodotti biologici in mensa a tutela della salute dei bambini.
2016 |
2017 |
1.288 mense che utilizzano biologico |
1.311 mense che utilizzano biologico |
1.250.369 pasti giornalieri con materie prime biologiche |
1.274.889 pasti giornalieri con materie prime biologiche |
Dall’analisi di Bio Bank del 2018[3] emerge che una mensa su quattro del campione analizzato, utilizza dal 70 al 100% di alimenti biologici, in particolare, sul totale delle 1.311 mense intervistate, 129 sono quelle che utilizzano dal 70 all'89% di ingredienti biologici e 111 quelle che ne utilizzano dal 90 al 100%. Tra il 2013, anno della prima indagine Bio Bank, e il 2017, la crescita dei pasti giornalieri con materie prime biologiche serviti nelle scuole è stata del 3,7%. La prima regione per numero assoluto è la Lombardia con 245 mense biologiche, seguita a ruota dal Veneto con 215, mentre l'Emilia-Romagna con 163 si aggiudica il terzo posto. Friuli-Venezia-Giulia, Trentino-Alto-Adige e Veneto si distinguono per densità di mense rispetto al numero di abitanti.
Una ricerca da parte della Rete Commissioni Mense (2019) pone in relazione la percentuale di derrate biologiche con il prezzo massimo di aggiudicazione (IVA esclusa) e secondo tale ricerca la variazione del prezzo di aggiudicazione non sembra essere correlabile alla percentuale di biologico. All’aumentare della percentuale di biologico, il prezzo di aggiudicazione oscilla da 4,60€ per pasto con quota di biologico nella fascia minima 0-20%, a 4,28€ per pasto con quota nella fascia massima 81-100%.
Comuni di Città Metropolitana di Roma Capitale |
Numero di pasti giornaliero |
Percentuale di materie prime bio utilizzate |
Anguillara Sabazia |
950 |
15% |
Anzio |
2500 |
/ |
Ardea |
850 |
10% |
Bellagra |
100 |
/ |
Capena |
450 |
40% |
Castel madama |
400 |
70% |
Castelnuovo di porto |
450 |
35% |
Cerveteri |
1400 |
80% |
Ciampino |
2000 |
40% |
Civitavecchia |
1300 |
15% |
Fiano Romano |
850 |
20% |
Fiumicino |
3500 |
40% |
Fonte nuova |
1400 |
10% |
Formello |
500 |
20% |
Frascati |
1500 |
90% |
Genazzano |
270 |
|
Grottaferrata |
950 |
/ |
Ladispoli |
1800 |
90% |
Lanuvio |
530 |
90% |
Lariano |
550 |
60% |
Monte Porzio Catone |
620 |
100% |
Monterotondo |
2000 |
100% |
Olevano Romano |
300 |
90% |
Palestrina |
1200 |
20% |
Riano |
500 |
/ |
Roma |
145.000 |
95% |
Roma (Scuole steineriane) |
22 |
100% |
San cesareo |
650 |
80% |
Sant’Angelo Romano |
210 |
/ |
Santa Marinella |
400 |
45% |
Subiaco |
480 |
95% |
Tivoli |
1600 |
30% |
Velletri |
1000 |
45% |
Zagarolo |
680 |
20% |
Le scuole hanno un ruolo importantissimo nel contribuire al raggiungimento degli SDGs; affrontare il tema della sostenibilità partendo dalle scuole significa costruire una nuova generazione di consumatori consapevoli, che decideranno di alimentarsi in modo sano e allo stesso tempo saranno più propensi a promuovere sistemi agroalimentari sostenibili in cui tutte le varie attività legate alla produzione, trasformazione, distribuzione e consumo alimentare e gestione dei rifiuti, rispettino i criteri sociali, culturali e ambientali.
Le cinque priorità di ActionAid per avere mense “giuste” in tutta Italia
- una mensa con alimenti locali e sani;
- una mensa che rispetta i lavoratori, l’ambiente e i consumatori;
- una mensa in cui i bambini e i genitori sono i protagonisti;
- una mensa trasparente;
- una mensa che riduce gli sprechi e i rifiuti.
Per la realizzazione delle cinque priorità di ActionAid, fondamentale risulta essere il ruolo delle Commissioni mensa che dovrebbero essere attive e funzionanti ovunque e dovrebbero essere previste attività promosse dalle scuole e dall'amministrazione per il loro corretto funzionamento.
Le Commissioni mensa sono una peculiarità italiana e sono diffuse in particolare nelle regioni centro-settentrionali e in tutti i Comuni sopra i 10.000 abitanti, mentre la loro presenza si riduce con la diminuzione del numero di abitanti. Le Commissioni operano sulla base di criteri e modalità di controllo disciplinati dalla normativa: effettuano l’assaggio e la verifica della soddisfazione dei pasti da parte degli studenti, subito seguita dall'ispezione visiva delle stoviglie e dalla pulizia delle attrezzature e dei locali. Tali controlli sono complementari alle attività di verifica periodica previste dal piano di autocontrollo igienico-sanitario dell'azienda di ristorazione e ai controlli effettuati dalla ASL.
Inoltre, cruciale nel raggiungimento delle cinque priorità di ActionAid, il ruolo dei Comuni come promotori di gare d’appalto di servizi di ristorazione trasparenti. Il Comune è il garante del servizio di ristorazione ed è responsabile della scelta del servizio da offrire, della predisposizione dei capitolati per ogni categoria di gestione prevista, del controllo sul servizio, soprattutto in caso di terzi, per monitorare il buon andamento della ristorazione con controlli mirati alla qualità del prodotto e del piatto finito. La stesura dei documenti di gara è una fase particolarmente delicata, da cui dipende la qualità del servizio. L'argomento delle gare è molto complesso dal punto di vista normativo e l'oggetto del capitolato non è l'unico rilevante per una mensa scolastica sostenibile, sia perché interviene su numero di fattori relativamente limitato, sia perché il servizio stesso può differire notevolmente da quanto scritto nelle specifiche, principalmente perché i controlli non sono sempre efficaci. In ogni caso, è importante che nella definizione del disciplinare siano rappresentati sia i genitori e gli insegnanti più attivi delle scuole del Comune coinvolti nel servizio sia i bambini che usufruiscono del servizio.
Altra priorità emersa dal rapporto di ActionAid (2017) è che i bambini, il personale scolastico, i fornitori di servizi e gli amministratori locali siano tutti alleati nella promozione delle pratiche di prevenzione e riduzione dei rifiuti. Nell’ambito del progetto Reduce (sostenuto dal Ministero dell'Ambiente e sviluppato con l'Università di Bologna e la campagna Spreco Zero), una delle iniziative più significative che mira a promuovere la prevenzione e la riduzione dello spreco alimentare a livello nazionale, è stato realizzato uno studio pilota che ha considerato 73 complessi scolastici primari (35 in Emilia-Romagna, 25 nel Lazio e 18 in Friuli-Venezia Giulia).
La ricerca ha coinvolto più di 11.500 persone, tra studenti e personale, per un totale di 109.656 pasti monitorati e dai dati è emerso che quasi 1/3 del pasto viene buttato, ovvero il 29,5% del totale. È un dato che, su piccola scala, rappresenta la stessa proporzione a livello mondiale che è pari a 1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttato ogni anno, che corrisponde a un terzo del cibo prodotto nel mondo. È fondamentale che ogni struttura realizzi un monitoraggio delle eccedenze e degli sprechi alimentari, ricercando le possibili cause sia per perseguire obiettivi di riduzione che di riutilizzo.
Claudia Paltrinieri fondatrice di FoodInsider:
“Una mensa che fornisce ai bambini platessa panata o bastoncini sicuramente non ha le cucine interne e non è una mensa che apporta un valore educativo ai bambini. Se, invece, nei menù trovi il palombo, le alici e l'halibut, quindi almeno cinque tipologie di pesce diverso al mese, ti rendi conto che dietro quella mensa c’è una filosofia diversa. Il pesce e i legumi non sono alimenti che di solito piacciono ai bambini ma se il prodotto viene fatto conoscere e preparato bene nei laboratori, è più facile farle entrare nelle abitudini alimentari.
Possiamo prendere come esempio le Marche e il progetto Pappa Fish che ha insegnato che si può far mangiare il pesce ai bambini se viene associato ad un progetto di educazione. Pappa fish è nato come progetto ma è divenuto successivamente un prodotto venduto alla Coop, e i bambini che conoscono quel prodotto lo possono poi comprare al supermercato. Questo è l’esempio di un progetto che ha visto una sorta di continuità, un progetto che dalla mensa è entrato nel mercato. La mensa ha un forte potenziale e può essere un trampolino straordinario per fare educazione alimentare e coinvolgere anche le famiglie".
La ristorazione scolastica a Roma
Il Comune di Roma ha pubblicato, a inizio anno 2021, un bando di gara che prevede un servizio aggiudicato esclusivamente sulla base dell’offerta tecnica e non sul ribasso del prezzo del pasto. Il bando di gara del Comune di Roma, della durata di 5 anni educativi e scolastici (1° settembre 2021-31 luglio 2026) è, per il settore della ristorazione scolastica, il più grande d’Italia e uno dei dieci più grandi di Europa, in quanto muove centinaia di milioni di euro.
Il servizio di mensa scolastica che offre pasti agli studenti iscritti ai Servizi per l'Infanzia (Asili nido e Scuole dell'Infanzia) e agli iscritti alle Scuole Primarie e Secondarie di primo grado del territorio di Roma Capitale, presta particolare attenzione all’inserimento di prodotti DOP, IGP e prodotti freschi, all’introduzione di menu solidali, realizzati con materie prime provenienti dalle aziende delle zone terremotate del centro Italia e all’introduzione di menù sociali, realizzati con prodotti alimentari provenienti da operatori dell’agricoltura sociale.
Una peculiarità del bando della Città di Roma è il criterio relativo alle attività di comunicazione: la ristorazione scolastica è parte integrante dell’attività didattica ed è il servizio prevede percorsi formativi sull’educazione alimentare, la sostenibilità ambientale, la lotta agli sprechi e iniziative di comunicazione sulle caratteristiche e la provenienza territoriale delle derrate utilizzate nei menu.
L’Amministrazione capitolina ha come obiettivi: garantire la sicurezza alimentare, la qualità dei menù, la tracciabilità degli alimenti, l’equilibrio tra i vari componenti nutrizionali, promuove l’adozione della Dieta Mediterranea e attuare un modello di ristorazione sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico da cui possono svilupparsi metodi di educazione alimentare.
150.000 pasti consumati al giorno che equivalgono a 30 milioni di pasti all’anno |
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550 scuole dotate di cucina di cui solo il 15% circa dei refettori riceve pasti trasportati dalle cucine delle scuole limitrofe. |
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Numero del personale operante per il servizio di ristorazione scolastica nei Nidi Capitolini |
Numero del personale operante presso i centri refezionali delle strutture scolastiche |
n. cuochi: 667 |
n. cuochi: 171 |
n. aiuto cuochi: 394 |
n. aiuto cuochi: 28 |
n. addetti: 2340 |
n. addetti: 343 |
n. autisti: 41 |
n. autisti: 1 |
Le modalità di erogazione dei servizi sono ispirate alle esigenze sociali, alla tutela della salute e dell’ambiente, alla promozione dello sviluppo sostenibile (D.lgs. 50/2016), alla lotta allo spreco alimentare (Legge 19 agosto 2016, n. 166), al Piano d’Azione Nazionale per il Green Public Procurement e si basano inoltre sui Criteri Ambientali Minimi (CAM) per il servizio di “Ristorazione collettiva e fornitura delle derrate alimentari”.
Il servizio di refezione scolastica viene erogato in gestione diretta, ossia gestito direttamente da Roma Capitale e dal Municipio territorialmente competente oppure in gestione autonoma, gestito dalla scuola nell'esercizio della propria autonomia scolastica.
Il menù è organizzato in modo che possano seguire le “Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana” e i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana - L.A.R.N. e si articola in nove settimane cambia per consentire di consumare gli ortaggi e la frutta di stagione per cercare di offrire ai bambini una maggiore varietà dei piatti. Inoltre, ogni lotto territoriale comincia da un menu settimanale diverso, per poter scaglionare la domanda dei vari prodotti alimentari sul mercato.
Alcune buone pratiche delle scuole di Città Metropolitana di Roma
- educazione alimentare: CuciniAmo è un progetto del plesso di secondaria di I grado “U. Nistri” dell’Istituto Comprensivo di “Via Frignani” di Spinaceto che si sviluppa in parallelo con il progetto dell’orto didattico della scuola;
- eliminazione plastica: nell’Istituto Comprensivo Via Baccano a Roma alunni, genitori e personale hanno eliminato l’uso delle bottiglie di plastiche a scuola e sono introdotte borracce di alluminio;
- no spreco: la Caritas di Torvaianica, in collaborazione con il Comune di Pomezia, ha avviato un progetto che coinvolge la scuola di Torvaianica e Martin Pescatore nella lotta agli sprechi;
- eliminazione CO2: Bioristoro Italia ha attivato una serie di iniziative e attività volte al rispetto dei Criteri Ambientali Minimo per il servizio mensa.
Gli orti scolastici
L'agricoltura urbana può intercettare bisogni sociali, ricreativi e pedagogici, attivando allo stesso tempo economie di prossimità e svolgendo un ruolo fondamentale nelle infrastrutture verdi delle città. Esistono molte forme di agricoltura urbana: parchi urbani, orti privati, orti urbani, giardini multifunzionali, orti sociali, orti terapeutici, orti scolastici, fattorie nelle aree urbane marginali ed aziende agricole multifunzionali con vendita diretta.
In Italia, sono sempre di più le realtà di orti presenti nelle scuole e hanno un ruolo fondamentale poiché promuovono esperienze dirette di autoproduzione di cibo, permettono il potenziamento del rapporto tra la città e territorio, sviluppando l'economia locale e promuovono l’educazione alimentare. Inoltre, gli orti nelle scuole sono un modo per avvicinare i bambini a quello che mangiano e gli consentono di entrare direttamente in contatto con la natura.
I progetti in Italia
L’Orto in condotta di Slow Food
A metà degli anni Novanta nasce a Berkeley (California) il primo School Garden di Slow Food, ideato da Alice Waters, vice presidente Slow Food International, mentre in Italia il progetto “Orto in Condotta” prende avvio nel 2004. È un progetto che cerca di trasmettere alle generazioni future i saperi legati alla cultura del cibo e alla salvaguardia dell’ambiente e prevede percorsi formativi per gli insegnanti, attività di educazione alimentare e ambientale per gli studenti e seminari per genitori e nonni (quando diventa difficile gestire l'orto nei periodi in cui la scuola è chiusa, i nonni danno una mano nella gestione del lotto). Il progetto si struttura in tre anni: il primo anno è relativo all'educazione ambientale, il secondo anno si occupa di educazione alimentare e l'ultimo anno è dedicato alla promozione della cultura gastronomica del nostro paese.
“L’orto permette di parlare di natura, di cicli biologici e di ecosistemi; può diventare parte integrante della giornata educativa a scuola poiché non è solamente dentro le mura che si può imparare” (Caterina Bilotta, Slow Food).
Il progetto a Roma è attivo nelle scuole “Torre di babele” e il “Monelli”, l'orto è diventato parte integrante della scuola, tant'è che si riescono a mangiare nella mensa i prodotti dell’orto. In questo modo i bambini hanno la soddisfazione di consumare i prodotti che hanno visto crescere durante l’anno.
Un esempio di successo in Italia arriva da Trieste, dove l’Azienda Sanitaria Locale ha definito un protocollo su come devono essere coltivati, accolti dalle aziende di ristorazione e come devono essere trattati i prodotti dell’orto per poter essere consumati in mensa o nei laboratori didattici.
Mille Orti per Mille Giardini Scolastici
Il progetto didattico promosso dall’Assessorato alle Politiche del Verde e dal Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale, con il fine di fornire gratuitamente le attrezzature per creare orti didattici e diffondere le pratiche dell’orticoltura urbana. Il progetto ha coinvolto nella prima edizione circa 115 scuole pubbliche, tra scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado.