8.4.5. Public Procurement nelle carceri
“Le persone hanno diritto a un cibo adeguato e sufficiente, corrispondente alle tradizioni culturali del popolo al quale la persona appartiene e che assicuri benessere fisico e psichico, individuale e collettivo, oltre che una vita piena e dignitosa, libera dalla paura” .
(Jean Ziegler, "Rapporto Onu")
Secondo l’Ordinamento Penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354), ai detenuti “deve essere assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima […]”. Anche secondo la Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati (Decreto 5 dicembre 2012) “Il detenuto ha diritto a un’alimentazione sana e adeguata alle proprie condizioni. Ha diritto a tre pasti al giorno, somministrati negli orari stabiliti dal regolamento interno di istituto ed ha diritto di avere a disposizione acqua potabile […]”.
Il Diritto al cibo va assicurato anche nelle condizioni di privazione della libertà ed importante che nelle mense delle strutture detentive come nelle altre mense della ristorazione collettiva, si fornisca una costante e affidabile varietà di alimenti adeguati, sani e nutrienti che possa, prima ancora di nutrire il corpo, nutrire la dignità di ogni persona (Bottiglieri, 2016[1]). In un posto dove tutto è proibito, il pasto diviene uno dei pochissimi momenti di normalità e, soprattutto, di piacere.
Nelle carceri italiane si distribuiscono i pasti tre volte al giorno (colazione, pranzo e cena) e il cibo viene normalmente consumato in cella, servito in vassoi dalle cucine interne delle strutture detentive.
“Il dovere statale di nutrire detenuti e internati è assicurata attraverso due misure: il vitto e il sopravvitto” (Bottiglieri, 2016). Il primo mira a garantire un adeguato accesso al cibo in locali ad hoc, mentre il secondo indica la possibilità di comprare i prodotti alimentari o di altro genere presso una sorta di negozio interno alla struttura detentiva (di solito gestito dalla stessa azienda che somministra i pasti).
I rapporti dell’Osservatorio sulle carceri per adulti (Associazione Antigone) sottolineano però come nelle carceri italiane sia presente una inadeguatezza del vitto in termini di disponibilità quantitativa di cibo sufficiente per tutti i detenuti.
Nome struttura detentiva |
N° detenuti presenti |
N° capienza massima |
Casa di Reclusione di Civitavecchia Passerini |
67 |
143 |
Casa Circondariale di Civitavecchia |
460 |
357 |
Roma “Regina Coeli” |
904 |
606 |
Roma “Raffaele Cinotti” Rebibbia N.C.1 |
1.263 |
1.163 |
Roma “Germana Stefanini2 Rebibbia Femminile |
290 |
260 |
Casa Circondariale maschile Nuovo Complesso di Velletri |
459 |
412 |
Gli orti nelle carceri
- “Ricominciamo dal bio” è un progetto del Dipartimento per la Giustizia Minorile attivato in collaborazione dell’Aiab (Associazione italiana per l’Agricoltura biologica) che ha permesso a 70 ragazzi degli Istituti minorili di Roma, Palermo, Airola e L’Aquila di imparare i principi dell’orticoltura;
- “Orto sociale in carcere” è un progetto attivo a Pesaro che coinvolge i detenuti nelle attività di agricoltura e li inserisce in un contesto lavorativo;
- “Fuori dall’orto” è un progetto promosso dall’associazione “Noi e voi” Onlus in collaborazione con l’Amministrazione penitenziaria di Taranto che coinvolge i detenuti nelle attività del campo agricolo per le produzioni di ortaggi da donare a Banco Alimentare.