Città metropolitana di Roma Capitale
Il piano guarda all’inclusione in chiave sociale (Politiche sociali), territoriale (Riqualificazione delle periferie metropolitane) ed economica (politiche attive del lavoro). Lavorando con un orientamento importante, che è quello della salute intesa come benessere territoriale diffuso. Lo sviluppo locale nei territori, o ‘con i territori’, come viene definito dal Forum Disuguaglianze e Diversità, rappresenta la principale strategia per ripensare gli interventi di rigenerazione e riqualificazione urbana e territoriale in chiave inclusiva e auto-sostenibile. Si configura, quindi, una strategia che consiste nel sostenere le economie locali e il welfare comunitario e nell’attivare percorsi di autonomia, anche valorizzando le energie sociali e, in particolare, le reti e le altre forme collaborative, su base territoriale e secondo un approccio integrato. Proprio sulle iniziative di inclusione e sfruttando il driver fondamentale dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, del PN Metro Plus e del PR FESR Lazio 2021-2027, partendo dal territorio di Roma Capitale per poi diffondersi su tutto il territorio metropolitano, troviamo sicuramente la sfida e il progetto più ambizioso che è quello dei Piani Urbani Integrati e degli interventi di sviluppo urbano sostenibile in linea con l’Obiettivo di Policy 5 “Un’Europa più vicina ai cittadini”. Si tratta di ambiziosi progetti di recupero di aree urbane degradate e marginali, ponendo attenzione al miglioramento della vivibilità del cittadino metropolitano favorendone il benessere, l’inclusione e l’integrazione. In particolare, gli in- Piano Strategico Metropolitano di Roma Capitale 2022-2024 71 terventi mireranno a migliorare le funzioni abitative (importante come la componente di efficientamento energetico sia molto rilevante), alla realizzazione di un sistema efficiente di collegamento sostenibile migliorando la mobilità e andando a collegare comuni e territori limitrofi. L’asse guarda a tutte le periferie metropolitane di una regione urbana complessa, come luoghi dove è possibile concretizzare azioni per il benessere diffuso, facendo leva sulle risorse locali per il riequilibrio territoriale. Sempre grazie ai fondi europei saranno attivate progettualità di potenziamento della rete delle biblioteche metropolitane attraverso la ristrutturazione di edifici presenti e recuperando strutture/aree pubbliche degradate e inutilizzate con l’obiettivo di creare dei veri e propri centri culturali polivalenti, implementando i servizi alla socialità attraverso la sperimentazione di sportelli di supporto, servizi di formazione, spazi condivisi di studio e lavoro. Infine, ci si concentrerà sulla diffusione di poli di sport, benessere e disabilità votati all’inclusione e all’integrazione e il miglioramento della loro connessione e accessibilità. Sul patrimonio a disposizione di CmRC faranno inoltre perno le politiche attive del lavoro, che mirano ad aumentare le opportunità territoriali in un’ottica di riequilibrio. Un altro asset strategico prioritario è quello delle scuole, un’infrastruttura diffusa in tutto il territorio, che è possibile immaginare sede di Patti educativi di comunità e di progettualità sociali e culturali (particolarmente rivolte ai giovani), alla fine della loro funzione didattica. Parlare di Inclusione nella CmRC da un punto di vista strategico non è possibile senza tenere conto delle innumerevoli pratiche di innovazione sociale e auto-organizzazione (OP4 e OP5 della politiche di Coesione territoriale 2021-2027) presenti su tutto il territorio. Si tratta di iniziative, promosse da soggetti di varia natura (associazioni, cooperative, imprese sociali, gruppi informali), che producono soluzioni sperimentali, spesso anche molto creative, a problemi o opportunità di intervento che riguardano le comunità. Le si può trovare nella gestione dei nuovi spazi culturali e della produzione, nella creazione e rafforzamento di reti di mutuo aiuto tra abitanti, nelle sperimentazioni educative, nell’agricoltura sociale, nello sport come dispositivo di inclusione sociale, nell’abitare condiviso, nelle nuove forme del lavoro e di imprenditoria sociale, ecc. che danno la cifra del cambiamento in atto. Indicano che l’innovazione oggi è riconoscibile presso soggetti che lavorano ad un livello micro: nel quartiere, nella porzione di città, nel piccolo centro, perfino in qualche caso alla scala dell’isolato. Certamente, è più facile trovarle nelle periferie e ai margini dell’area metropolitana che nelle zone centrali. Sono in generale pratiche polverizzate, che spesso faticano a crescere, nello sviluppo di reti e di alleanze o scalando verso la forma dell’impresa, anche se alcuni segnali in questo senso ci sono. Sono pratiche esito di progettualità sofisticate: opera di progettisti colti, che riescono a montare operazioni complesse, assemblano opportunità e risorse variegate, associando la disponibilità di un immobile alla presenza di un bando di finanziamento pubblico, portando a compimento un abbozzo di proposta rimasto a metà da precedenti cicli di progettazione. Nascono da buone domande. Sono esito di risposte tentative. Sono “opere aperte”, non del tutto programmate. Possono essere considerate produttrici di beni pubblici e di pratiche del comune. Sono la base per la creazione di politiche pubbliche innovative che vanno nella direzione dell’inclusione. Un altro perno dell’inclusione dei territori marginali è quello che fa leva sul protagonismo delle comunità locali nella gestione del patrimonio ambientale attraverso la Governance collaborativa. I contratti di fiume ne sono l’esempio più conosciuto, ma accanto a questi è possibile collocare i poli civici, i contratti di lago e di costa, i distretti di economia civile, gli ecomusei e le altre forme di governo territoriale cooperativo e sostenibile.